Presso la Sala Stampa della Camera dei Deputati, nell’ambito
di una conferenza stampa, sono stati presentati i risultati del Progetto ItE
Italiani Emigrati all’estero che ha coinvolto un team di ricerca composto da
oltre 170 fra docenti, ricercatori, manager, dirigenti di istituzioni e giovani
studenti.
Il team è stato impegnato per oltre diciotto mesi ad
analizzare i risultati raccolti nell’ambito di una complessa elaborazione statistica
che ha portato all’analisi di oltre 800 questionari compilati da italiani
residenti all’estero, per un totale di oltre 43000 dati raccolti. La ricerca,
ideata e coordinata da Serena Gianfaldoni docente di Gestione delle Risorse
Umane presso l’Università di Pisa, ha affrontato con approccio interdisciplinare
il fenomeno della mobilità per investigare il trend per cui molti giovani emigrano
all’estero per cercare una maggiore gratificazione economica, la possibilità di
fare carriera, la possibilità di ottenere un maggior riconoscimento del talento
e delle abilità.
La ricerca è stata condotta coinvolgendo, nella
definizione di strategie, oltre 50 manager e dirigenti impegnati sul territorio
nazionale che hanno partecipato a tavoli tematici di discussione con i 50
studenti universitari del team, in un’attività di coordinamento e redazione
proposte concrete.
Serena Gianfaldoni- (responsabile
e coordinatrice del Progetto ItE)
“bisogna distinguere il fenomeno della mobilità che
spinge molti italiani a cercare nuove strade, percorsi professionali e
opportunità all’estero, da quello che viene chiamato brain drain, fuga dei
cervelli, legato a una dispersione dell’investimento formativo. Il nostro
progetto di ricerca ha investigato per mesi, col supporto di qualificati esperti
e l’analisi statistica un fenomeno chiaramente complesso. In riferimento alla
migrazione giovanile, se da una parte si mostra necessario stimolare i giovani
a viaggiare, provare esperienze internazionali, indispensabili per completare
il percorso formativo, dall’altra parte è necessario però sostenere coloro che
vorrebbero rimanere in Italia e fanno molta fatica a trovare una piena
realizzazione. Da quanto è emerso, il nostro sistema paese dovrebbe migliorare
l’offerta lavorativa per i giovani italiani, laureati o diplomati, non solo
nelle aree umanistiche. Dai dati raccolti, i giovani che emigrano non sembrano
scappare dall’Italia, dalla cultura italiana, dalla rete di relazioni amicali o
familiari intessute. Al contrario, risulta molto apprezzato lo stile di vita
italiano. I nostri punti di forza però, non sembrano bastare. Dal campione che
abbiamo esaminato viene troppo spesso lamentata la precarietà del lavoro, la
difficoltà di fare carriera, uno scarso riconoscimento del valore e del
talento, l’assenza di meritocrazia, una scarsa capacità attrattiva, una forma
di immobilismo che ingessa l’Italia e il mercato del lavoro. Al contrario,
all’estero, gli emigrati italiani sembrano trovare spazio per realizzare
compiutamente il proprio percorso professionale, pur dovendo affrontare
evidenti problematiche e una fase di adattamento che, indubbiamente, forma a
una mentalità globale. Se risulta, infatti, che da una parte gli ambienti di
lavoro all’estero risultano più stressanti e competitivi, risulta anche che all’estero
sia più facile vedere riconosciute le proprie abilità, fare carriera, ottenere
maggiori riconoscimenti economici e premi per giovani qualificati, oltre alla
possibilità di lavorare nel settore disciplinare per il quale sono stati
dedicati gli anni e le energie del periodo formativo. In ogni caso emerge che i
nostri giovani sono ben considerati dal punto di vista della formazione,
altamente qualificati per le posizioni offerte, capaci di portare valore e
farsi apprezzare in ambiti professionali competitivi”.
Michele Lanzetta, (Direttore
del CAFRE Centro interdipartimentale per l’Aggiornamento, la Formazione e la
Ricerca Educativa dell’Università di Pisa)
“Il Progetto ItE mostra chiaramente l’urgenza di
strategie coraggiose rivolte ai giovani e concordate fra università, aziende,
istituzioni. Il Progetto ItE si inserisce in un percorso formativo che abbiamo
intrapreso, anche come CAFRE, da oltre cinque anni con il Laboratorio Link
Università-Aziende, concepito per mettere in contatto gli studenti coinvolti
nei nostri progetti con numerosi manager di aziende attive sul territorio nazionale.
Fra gli obiettivi formativi dell’università, infatti, dovrebbe comparire anche
quello di coinvolgere gli studenti nella progettazione di strategie utili a
migliorare li sistema paese. Fra i punti di forza del Progetto ItE mi preme
sottolineare la sezione strategica, con la definizione di politiche sociali,
economiche e formative capaci di coinvolgere allo stesso tavolo, nel corso di
riunioni molto partecipate studenti, manager, dirigenti, docenti e ricercatori
che hanno dedicato prezioso tempo al progetto”
Giulia Lambardi (studentessa
Ingegneria Gestionale)“E’ urgente definire strategie pensate per i
giovani, in particolare l’istituzione di tavoli di lavoro periodici in cui
analizzare in modo critico il modello di occupazione italiano. Solo con
l’impegno e la collaborazione di tutte le parti interessate possiamo, infatti,
riuscire ad attuare un cambiamento concreto!”,
Biancamaria Nuzzi, (Studentessa,
Membro Laboratorio Link Università-Aziende) “I giovani rappresentano il cambiamento, l’innovazione
e il progresso. Hanno la capacità di cogliere segnali e trasformarli
in idee funzionanti. Liberi da abitudini e consuetudini hanno il coraggio di
proporre innovamenti. Tutto questo li rende i portatori naturali del
cambiamento periodicamente necessario per il miglioramento dei cicli lavorativi
e sono l’elemento fondamentale per lo sviluppo innovativo della
società. Per questo motivo è fondamentale che le aziende coinvolgano i
giovani nelle attività progettuali per non disperdere le loro idee e sfruttare
al meglio la ventata di novità che essi possono portare in termini di
innovazione e progresso. Come sosteneva Gianni Agnelli, una cosa fatta
bene può esser fatta meglio”.
Sara Carloni (Studentessa,
Membro Laboratorio Link Università-Aziende) “I risultati del
Progetto Ite hanno messo in evidenza la voglia della nostra generazione di
mettere radici in Italia e la consapevolezza di quanto la realizzazione
personale e lavorativa sia la chiave nel processo di empowerment. Il primo passo
per facilitare i giovani nel trovare un impiego è diminuire il mismatch tra
istruzione e lavoro. Una volta trovata un’occupazione,
il neolaureato deve avere una posizione coerente con quanto studiato che gli
consenta di intraprendere un percorso basato sulla meritocrazia per conseguire la crescita sia dell’azienda che di sé stesso. Il timore
più grande dei giovani rimane la precarietà economica, problematica che in
parte può essere risolta con l’aiuto dello Stato e delle Istituzioni. Si mostra
necessario agevolare le aziende nelle assunzioni e investire sulla ricerca,
anche perché i giovani trovano nella possibilità di lavorare all’estero una
grande esperienza di formazione. Eppure, il desiderio a lungo termine è quello
di restare nel proprio Paese, a patto di trovare una gratificazione lavorativa
ed economica che lo consenta.”
Martin Bogen,
CEO di Tecnologie Diesel SpA/Senior Vice President Bosch, “Aver ricevuto
l’opportunità di lavorare in Italia è stata una grande fortuna nella mia vita.
La creatività e i talenti ricchi di inventiva, insieme con la loro motivazione
e dedizione è impressionante. Sono orgoglioso di essere parte di questa
comunità”.
Paolo Tazzini,
CEO di Yachtalia
I giovani, pur cogliendo le oppotunità che offre un
mercato sempre più internazionale, devono imparare a rischiare restando in
Italia per dare un contributo fattivo al paese, senza troppo lamentarsi e senza
aspettare passivamente aiuti che cadano dall’alto. Anche i ragazzi si devono
svegliare, non solo le aziende”.
Franco Failli,
(DICI Università di Pisa)
“Emigrare,
con la speranza di fare. Rimanere, assumendosi il rischio di soggiacere”.